Ref: Porta S, Latora V (2007), Multiple Centrality Assessment:  centralità e ordine complesso nell’analisi spaziale e nel progetto urbano, «Territorio», 39, 189-202.

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«Non c’è spesso così tanta perfezione nei lavori composti di molte parti e realizzati dalla mano di diversi maestri quanto in quelli sulle quali ha lavorato un solo individuo. […] Così quelle vecchie città che, avendo cominciato come villaggi, sono diventate col tempo grandi centri urbani, sono in generale così mal composte, se confrontate con quei luoghi regolari tracciati da un ingegnere su un piano seguendo la sua fantasia, che, anche se considerando i loro edifici separatamente uno spesso trova in essi altrettanta arte, se non di più, che nelle altre, nondimeno guardando come sono disposti, uno grande qui, uno piccolo là, e quanto essi rendono le strade storte e disuguali, uno direbbe che è il caso, piuttosto che la volontà di un uomo sicuro che usa la ragione, che li ha messi in tal modo» (Descartes, 1994, p. 27). All’alba della modernità Descartes stabilì fermamente che la geometria Euclidea era il solo ordine riconoscibile dagli occhi dell’uomo razionale nel momento in cui si trattava di configurazioni spaziali come giardini, paesaggi, strade e città. Circa tre secoli dopo Le Corbusier reagì brutalmente contro il richiamo di Camillo Sitte al valore estetico-sociale dei tessuti misti di matrice medioevale, con la ben nota invettiva: «La strada curva è il percorso degli asini, la strada dritta il percorso degli uomini», Le Corbusier, 1994 c.1925). Solo gli asini, proseguiva il Maestro, potevano aver disegnato le curve strade d’Europa, con tutta quella confusione di stradine strette e quell’orribile e caotico puzzle di incroci e piazzette.  Ancora ai nostri giorni il potere della geometria Euclidea è immensamente influente per architetti e urban designers, quasi un assioma quando si tratta di progettare strade e città. Non molto diversamente dai buoni vecchi tempi dell’Urban Renewal, la politica di estensiva demolizione urbana dei ‘ghetti’ tardo-ottocenteschi per favorire ricostruzioni improntate all’igienismo razionalista negli anni cinquanta, ’60 e ’70 del Novecento, ancora oggi i tessuti urbani vecchi sono sottostimati nei loro valori fondamentali. Certo, essi possono essere considerati pittoreschi e resi oggetto, specie se ospitano elementi storico-monumentali, di una sorta di rispettosa, distante conservazione, ma la loro struttura non è compresa e apprezzata fino in fondo per il potenziale che offre alla città dei figli, alla città sostenibile del futuro.